martedì 11 dicembre 2007

1997 - Generale


Baj ridicolizza i Generali e a piè pari con i Mostri salta le categorie malefiche e le rappresenta . Io li voglio ancora identificare e renderli riconoscibili smascherandoli . Sotto la maschera con la quale i Media ce li fanno conoscere come al tempo di George Grosz o di Otto Dix e di Heartfield , c’è il MOSTRO ed io lo illustro per quello che è e non per quello che vi appare in TV o sui giornali .

Generale Sudanese nel Darfur - 2003


I miei collages vivono in una democrazia e gli orrori sono morali mentre la loro materialità è camuffata . I personaggi sono simbolici ma non meno Potenti , pericolosi e diffusi .

La parte femminile dell'eroe - Claudio Jacuzzi



Collages

Il mio interesse verso questa tecnica nasce molto prima di scoprirne le eccezionali possibilità e le duttilità quasi come la fotografia che mi aveva attratto negli anni ’60 o in seguito la scultura .
L’immagine d’altra parte , faceva parte del patrimonio formativo della mia generazione : la fotografia , il cinema , la pubblicità , i costumi teatrali e le scenografie , il trucco e gli effetti visivi e luminosi , i cartoni e i disegni animati con la grafica e il fumetto… tutti questi metodi espressivi , contenevano nel 900 le qualità più alte di sperimentazione e di espressione immaginaria figurativa , sulle quali ci si poteva veramente appassionare .
Ed io le ho provate tutte .
E non erano una uguale all’altra ; ognuna era una tecnica a sé , agiva e reagiva con materiali diversi . Lasciava superfici opache o lucide . Il liscio smaltato o il ruvido polveroso e terroso non erano effetti : erano densità reali . L’errore era provato e adottato , così come i cubisti e gli espressionisti o gli informali e gli astratti prima degli acrilici .
Era normale esprimersi con questi materiali e con i loro caratteri naturali . Quando i colori si compravano in Drogheria o dal Coloraio e la carta e il cartoncino dal Cartolaio (lo testimonio con nostalgia) , il commesso ti spiegava la tecnica e ti consigliava le mescole e le percentuali o la capacità di resistenza e assorbenza di un cartone o della pressatura di una fibra di cotone di un cartoncino .
Certo oggi non ha senso tutto questo . A cosa può servire una tavolozza , già non serviva più a noi .
Tuttavia il virtualismo elettronico di oggi ha omologato il colore ad una FINZIONE CROMATICA .
In una sfilata di moda le tonalità dei colori delle stoffe sono ottenute da miscele elettroniche prodotte in fabbrica .
Così come nella stampa delle vignette , in un fumetto si ottengono lo stesso arco di gradazioni e tonalità che scorrono veloci in televisione , al cinema o nelle foto dei rotocalchi…. ( sic ! non esistendo più il roto si devono definire pubblicazioni . Anche se mi è rimasta l’abitudine nell’uso della parola che si riferisce alle pubblicazioni periodiche e riguarda un nuovo tipo di stampa ) .
La percezione visiva si è abituata a quelle tonalità e a quella precisa definizione cromatica basata su tre colori ( azzurro , rosso e verde ) al posto dei sette precedenti . D’altra parte è sufficiente paragonare i colori di un viso reale con lo stesso viso ma ripreso da una “macchina digitale “ , per capire di che sto ragionando . Dobbiamo essere grati ai computers per tutta una serie di conquiste e di cambiamenti ma vi sono degli aspetti che cominciano ad affiorare e che alcuni studiosi raccolgono ed elencano che non rendono così ottimisti i pareri . Tra questi il problema della PERCEZIONE DEI COLORI da parte delle popolazioni con studi avanzati .
Tutto ciò vale anche per le riproduzioni dei cataloghi dei Musei e delle Esposizioni , delle riviste e dei libri di Storia dell’Arte . Anche in questo caso nessuna critica “aprioristica” ma una osservazione di come un progresso tecnologico usato con troppa facilità provochi dei problemi nell’educazione e nella reale diffusione del gusto in campi così delicati e non a fondo studiati tanto da coinvolgere tutti gli uomini del pianeta . D’altro canto quando ero studente al liceo, le riproduzioni dei grandi pittori della storia dell’arte sui libri, sui quali ci formavamo erano in bianco e nero. Tutto il repertorio visivo facilmente accessibile di allora : Televisione , Cinema e Fotografia non erano in bianco e nero ?
Ma quei libri bui e didascalici ci spingevano a girare per i musei di mezzo mondo per vedere i colori veri dell’Arte , della realtà e della Poesia .
Così come io ho imparato ad apprezzare il Collage con Picasso e Bracque e poi con John Heartfield il fotomontaggio politico nel 1978 a Milano spero che i giovani o le future generazioni , movendosi , scoprano i veri colori e vedano nella realtà il colore degli uomini e le loro opere d’arte , ottenendo di correggere questo voluto “ ERRORE DI STAMPA “.
Tra le tante composizioni di Heartfield ho imparato come si muovono le forbici per far sparire gli attacchi o come far risaltare la diversità dei toni per ottenere una espressività più accentuata e vivace . Raggiungere il “ GROTTESCO “senza diventare satira e mantenere il ridicolo , provocando un mezzo sorriso per la soddisfazione di aver scoperto il nesso logico e riuscendo a leggere il racconto per immagini che l’artista , come un mimo , illustra in silenzio .
I grigi , i neri e i mezzi toni foschi , rendono più drammatiche le scene ma quando entra anche il colore , l’atmosfera è surreale e tocca nuove stridenti emozioni . Il Collage di Heartfield è più rude . Perentorio . Sa di indicare le tragedie di quegli anni e l’arrivo di orrori reali .